Tra un fiore
colto e l’altro donato
l’inesprimibile
nulla.
(Eterno – G.
Ungaretti)
Ognuno sta
solo sul cuore della terra
Trafitto da
un raggio di sole:
ed è subito
sera.
(Ed è subito
sera – S. Quasimodo)
Essere o non essere: questo è il
dilemma.
E’ così che Amleto riassume il
problema che affligge l’uomo dalla sua origine all’età contemporanea. L’uomo,
sin dalla sua prima comparsa sul pianeta, si pone domande alle quali non riesce
a dare una risposta e la prima tra queste è: “chi sono?”.Il problema dell’identità è dunque presente nell’ uomo sin da quando questo ha avuto origine e molti filosofi, poeti e scrittori hanno tentato di studiare e capire ciò che avviene nella mente umana.
Prendiamo ad esempio Luigi Pirandello: il tema della ricerca dell’identità è tra i fondamentali nelle sue opere tra le quali “Il fu Mattia Pascal”, o la novella “La patente” e tante altre. La sfumatura che dà l’autore è però molto interessante e attuale ancora oggi: Pirandello pone nelle sue opere la pazzia, la quale s’impossessa dell’uomo che riesce a scoprire l’identità delle cose. O meglio l’autore sottolinea che se un uomo non segue le regole della società, bensì si comporta in modo opposto a queste, togliendosi la maschera che copre il suo vero volto, questi è dichiarato pazzo. Il pazzo infatti è l’unico che svela la verità perché è colui che, stando al di fuori di ogni regola, può permettersi l’ardire di manifestare le proprie idee e in piena libertà.
Il poeta scrive infatti:”Trovarsi davanti a un pazzo sapete che significa? Trovarsi davanti ad uno che vi scrolla dalle fondamenta tutto quanto avete costruito in voi, attorno a voi, la logica di tutte le vostre costruzioni.”.
Togliendosi la maschera i personaggi pirandelliani scoprono un mondo nuovo e rimangono stupiti da tutto ciò che li circonda e che ha sempre ruotato intorno a loro, ma presi nel vortice della vita convulsa non hanno mai notato. E’ quello che succede al protagonista della novella “Ciaula scopre la luna”, quando nel vedere la luna sente risvegliarsi dentro di se un fanciullino felice, un fanciullino che scopre per la prima volta il mondo.
Tale sfumatura la troviamo anche nella poetica di Giovanni Pascoli come appare ne “Il gelsomino notturno” nel quale il poeta descrive con parole che sembrano seguire uno spartito invisibile, il mondo che appare agli occhi di un fanciullino che osserva incantato con lo stupore negli occhi.
Le visioni di entrambi gli autori risultano molto attuali, in quanto anche l’uomo moderno, preso dalla freneticità della sua vita e frenato dalle regole imposte dalla società e dalla maschera che indossa, dimentica di osservare e dare importanza anche alle cose che più giudica banali.
L’uomo però teme il giudizio della società e rifiuta di togliersi la maschera: l’affermazione della propria identità è stata nella storia un problema costante nell’uomo forse perché in ogni singolo uomo vive un mondo interiore che stenta ad emergere e a manifestarsi per difficoltà soggettive o talvolta anche per condizioni sociali avverse.
Basti riflettere sulla dittatura fascista in Italia e quella nazista in Germania; in tale periodo risultava pericoloso affermare la propria identità di ebreo. A conferma di questo, ciò che facevano i Tedeschi nei campi di concentramento era assegnare a ogni persona un numero, privandoli della propria personalità e riducendoli ad oggetti o meglio “pezzi” (come espresso da Primo Levi nel suo libro “Se questo è un uomo”).
Altro esempio può essere l’affermarsi dell’identità della donna che fino a pochi anni fa era molto sottovalutata e umiliata. Le donne, infatti, erano esseri inferiori, relegate ad attività più umili e non avevano neanche il diritto di voto.
Affermare la propria identità significa essere fiero di ciò che si è senza temere il giudizio dell’altro, avendo il coraggio di liberarsi dalla maschera che cela il proprio vero volto.
Nella ricerca affannosa del suo io, l’uomo lotta contro il mondo, “atomo opaco del male” (G. Pascoli - “X Agosto”) per arrivare ad una verità a lui sconosciuta e che mai potrà conoscere.
Nella società moderna, conformista, la verità non può essere manifestata, perché soffocata dalle regole civili.
Abbiamo dunque constatato che liberarsi della maschera e riuscire a scoprire il proprio volto è molto difficile, ma, qualora l’uomo dovesse riuscirci, questo porterebbe all’incomunicabilità, all’alienazione.
Secondo Pirandello il problema dell’incomunicabilità affligge costantemente l’uomo, anche se questo non ne è cosciente. L’autore infatti afferma: ”Abbiamo tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro? Crediamo d’intenderci; non ci intendiamo mai!” (L. Pirandello - “Sei personaggi in cerca d’autore”).
Dunque, proprio perché ognuno possiede interiormente “un mondo di cose”, cioè un proprio modo di essere, nessuno dovrebbe indossare una maschera, bensì tutti dovrebbero mostrare il proprio vero volto.
Pirandello però solleva anche un successivo problema:” …di ciò che posso essere io per me, non solo non ne potete saper nulla voi, ma neppure io stesso”. (L. Pirandello – “Uno, Nessuno e Centomila”)
Infatti l’uomo cerca disperatamente di capire chi è, senza riuscirci; analogamente chi ci circonda crede di conoscerci, ma conosce solo quella parte di noi che appare ai suoi occhi e viene interpretata dal suo “mondo di cose”.
Ognuno di noi può essere “Uno, Nessuno e Centomila”: io credo di essere uno, in realtà non sono nessuno, perché nessuno mi conosce realmente, appaio però come centomila, perché assumo un atteggiamento, una maschera diversa a seconda delle persone che ho davanti.
Scoprire totalmente la propria identità è dunque impresa impossibile all’uomo, che deve accontentarsi di ciò che affermò Cartesio: “Cogito ergo sum” . E non è poco.