lunedì 15 luglio 2013

Desaparecida

È stato un anno durissimo, quindi non ho avuto moolto tempo da dedicare al blog.
In questa pausa ho deciso di pubblicare qui non solo recensioni ma anche le poesie che scrivo.
Quindi sono ben accetti commenti e critiche. ((:

martedì 2 aprile 2013

Mia creazione

Ci sono quei posti che vorresti tener sempre vicini al cuore.
Quei posti che vorresti fossero più concreti, per poterli abbracciare.

La memoria che dipende dalla mente non è infallibile:
Nella mente si scrive.

La memoria che dipende dal cuore non dimentica mai,
Nel cuore si incide.


Elisabetta

sabato 16 marzo 2013

CONFRONTO TRA AUTORITRATTO DI FOSCOLO E AUTORITRATTO DI MANZONI

AUTORITRATTO
Solcata ho fronte, occhi incavati intenti,
crin fulvo, emunte guance, ardito aspetto,
labbro tumido acceso, e tersi denti,
capo chino, bel collo, e largo petto;

giuste membra; vestir semplice eletto;
ratti i passi, i pensier, gli atti, gli accenti;
sobrio, umano, leal, prodigo, schietto;
avverso al mondo, avversi a me gli eventi:

talor di lingua, e spesso di man prode;
mesto i più giorni e solo, ognor pensoso,
pronto, iracondo, inquïeto, tenace:

di vizi ricco e di virtù, do lode
alla ragion, ma corro ove al cor piace:
morte sol mi darà fama e riposo.
                                                       (U. Foscolo)
AUTORITRATTO
Capel bruno: alta fronte: occhio loquace:
naso non grande e non soverchio umile:
tonda la gota e di color vivace:
stretto labbro e vermiglio: e bocca esile:

lingua or spedita or tarda, e non mai vile,
che il ver favella apertamente, o tace.
Giovin d'anni e di senno; non audace:
duro di modi, ma di cor gentile.

La gloria amo e le selve e il biondo iddio:
spregio, non odio mai: m'attristo spesso:
buono al buon, buono al tristo, a me sol rio.

A l'ira presto, e più presto al perdono:
poco noto ad altrui, poco a me stesso:
gli uomini e gli anni mi diran chi sono.
                                                         (A. Manzoni)
 




L’autoritratto di Foscolo e quello di Manzoni sono molto simili per struttura; risultano, invece, palesemente e naturalmente differenti sul piano contenutistico.
Per ciò che riguarda l’aspetto fisico, dovendo immaginare una tela vera e propria con dipinta l’immagine degli autori, si può notare che mentre quella di Foscolo lo raffigurerebbe a mezzo busto, quella del Manzoni ne ritrarrebbe solo il viso. Inoltre sul viso di Foscolo troveremo le tracce della sua condizione sociale e psichica, invece, quello del Manzoni risulterebbe come un ritratto privo di contesto.
Entrambi delineano nella seconda quartina dei loro sonetti i loro caratteri e i loro modi di agire. Questi risultano molto differenti: alla sicurezza e la schiettezza di Foscolo si contrappongono l’insicurezza e la riflessione attenta del Manzoni.
Una notevole differenza si presenta nella prima terzina; qui Foscolo continua nel delineare il suo carattere, mentre Manzoni ci mostra i suoi valori e i suoi principi.
L’ultima terzina dà, invece, spazio alle considerazioni personali. In quest’ambito Foscolo individua la morte come unico mezzo per arrivare alla serenità e alla fama, risultando dunque ben cosciente di sè. Manzoni sottolinea, al contrario, la sua ignoranza riguardo se stesso: egli stesso non è consapevole di sé, così come nessuno lo conosce. In comune a Foscolo ha l’idea che le considerazioni degli uomini e il trascorrere degli anni lo porteranno ad essere compreso e amato.  E’ proprio questo il finale di entrambi i sonetti.

venerdì 1 marzo 2013

"AMERICA OGGI" - R. CARVER

“America oggi” è un libro di Raymond Carver, pubblicato dallo stesso nel 1993.
Il libro è composto di nove racconti (che, insieme alla poesia “Limonata”, saranno l’ispirazione per il film omonimo) che narrano delle storie di vite a volte monotone, a volte talmente strane da apparire surreali.
Le storie più semplici, che raccontano di quotidianità, vogliono sottolineare la tristezza e il grigiore di una vita che cade nel vortice della prevedibilità e della routine. Al contrario, le storie più strane, sembrano voler convincere il lettore della normalità della propria vita, facendolo riflettere su ciò che questa autoconvinzione implica.
Leggendo queste brevi storie, infatti, il lettore si trova coinvolto a tal punto da riflettere sulla propria vita per classificarla in una delle due categorie: tristemente normale o eccessivamente eccentrica. La via di mezzo, la moderazione non esiste.
Ogni azione è, infatti, una conseguenza di un precedente avvenimento che, se “normale” ne comporta uno altrettanto “normale” o se “eccentrico” ne comporta uno altrettanto “eccentrico”.
L’intento dell’autore è però, scrivendo brevi racconti, quello di immortalare un episodio di una vita, senza far conoscere al lettore, nella maggior parte dei casi, la categoria della stessa vita. Perché?! Personalmente credo sia per lasciare un piccolo spiraglio di positività e di speranza: ognuno può decidere come condurre la propria vita.

martedì 19 febbraio 2013

OLTRE L'APPARENZA: I MILLE VOLTI DELLA VITA. ALLA RICERCA DELL'IDENTITA'

Questo è un  mio saggio breve con il quale ho partecipato ad un concorso. (Il titolo è in inglese perchè il concorso era in inglese, questa è la versione italiana!) Sono ben accetti commenti! ((:


 

Tra un fiore colto e l’altro donato

l’inesprimibile nulla.

(Eterno – G. Ungaretti)

 

Ognuno sta solo sul cuore della terra

Trafitto da un raggio di sole:

ed è subito sera.

(Ed è subito sera – S. Quasimodo)

 

 

Essere o non essere: questo è il dilemma.
E’ così che Amleto riassume il problema che affligge l’uomo dalla sua origine all’età contemporanea. L’uomo, sin dalla sua prima comparsa sul pianeta, si pone domande alle quali non riesce a dare una risposta e la prima tra queste è: “chi sono?”.
Il problema dell’identità è dunque presente nell’ uomo sin da quando questo ha avuto origine e molti filosofi, poeti e scrittori hanno tentato di studiare e capire ciò che avviene nella mente umana.
Prendiamo ad esempio Luigi Pirandello: il tema della ricerca dell’identità è tra i fondamentali nelle sue opere tra le quali “Il fu Mattia Pascal”, o la novella “La patente” e tante altre. La sfumatura che dà l’autore è però molto interessante e attuale ancora oggi: Pirandello pone nelle sue opere la pazzia, la quale s’impossessa dell’uomo che riesce a scoprire l’identità delle cose. O meglio l’autore sottolinea che se un uomo non segue le regole della società, bensì si comporta in modo opposto a queste, togliendosi la maschera che  copre il suo vero volto, questi è dichiarato pazzo. Il pazzo infatti è l’unico che svela la verità perché è colui che, stando al di fuori di ogni regola, può permettersi l’ardire di manifestare le proprie idee e in piena libertà.  
Il poeta scrive infatti:”Trovarsi davanti a un pazzo sapete che significa? Trovarsi davanti ad uno che vi scrolla dalle fondamenta tutto quanto avete costruito in voi, attorno a voi, la logica di tutte le vostre costruzioni.”.
Togliendosi la maschera i personaggi pirandelliani scoprono un mondo nuovo e rimangono stupiti da tutto ciò che li circonda e che ha sempre ruotato intorno a loro, ma presi nel vortice della vita convulsa non hanno mai notato. E’ quello che succede al protagonista della novella “Ciaula scopre la luna”, quando nel vedere la luna sente risvegliarsi dentro di se un fanciullino felice, un fanciullino che scopre per la prima volta il mondo.
Tale sfumatura la troviamo anche nella poetica di Giovanni Pascoli come appare ne “Il gelsomino notturno” nel quale il poeta descrive con parole che sembrano seguire uno spartito invisibile, il mondo che appare agli occhi di un fanciullino che osserva incantato con lo stupore negli occhi.
Le visioni di entrambi gli autori risultano molto attuali, in quanto anche l’uomo moderno, preso dalla freneticità della sua vita e frenato dalle regole imposte dalla società e dalla maschera che indossa, dimentica di osservare e dare importanza anche alle cose che più giudica banali.
L’uomo però teme il giudizio della società e rifiuta di togliersi la maschera: l’affermazione della propria identità è stata nella storia un problema costante nell’uomo forse perché in ogni singolo uomo vive un mondo interiore che stenta ad emergere e a manifestarsi per difficoltà soggettive o  talvolta anche per condizioni sociali avverse.
Basti riflettere sulla dittatura fascista in Italia e quella nazista in Germania; in tale periodo risultava pericoloso affermare la propria identità di ebreo. A conferma di questo, ciò che facevano i Tedeschi nei campi di concentramento era assegnare a ogni persona un numero, privandoli della propria personalità e riducendoli ad oggetti o meglio “pezzi” (come espresso da Primo Levi nel suo libro “Se questo è un uomo”).
Altro esempio può essere l’affermarsi dell’identità della donna che fino a pochi anni fa era molto sottovalutata e umiliata.  Le donne, infatti, erano esseri inferiori, relegate ad attività più umili e non avevano neanche il diritto di voto.
Affermare la propria identità significa essere fiero di ciò che si è senza temere il giudizio dell’altro, avendo il coraggio di liberarsi dalla maschera che cela il proprio vero volto.
Nella ricerca affannosa del suo io, l’uomo lotta contro il mondo, “atomo opaco del male” (G. Pascoli - “X Agosto”) per arrivare ad una verità a lui sconosciuta e che mai potrà conoscere.
Nella società moderna, conformista, la verità non può essere manifestata, perché soffocata dalle regole civili.
Abbiamo dunque constatato che liberarsi della maschera e riuscire a scoprire il proprio volto è molto difficile, ma, qualora l’uomo dovesse riuscirci, questo porterebbe all’incomunicabilità, all’alienazione.
Secondo Pirandello il problema dell’incomunicabilità affligge costantemente l’uomo, anche se questo non ne è cosciente. L’autore infatti afferma: ”Abbiamo tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro? Crediamo d’intenderci; non ci intendiamo mai!” (L. Pirandello - “Sei personaggi in cerca d’autore”).
Dunque, proprio perché ognuno possiede interiormente “un mondo di cose”, cioè un proprio modo di essere, nessuno dovrebbe indossare una maschera, bensì tutti dovrebbero mostrare il proprio vero volto.
Pirandello però solleva anche un successivo problema:” …di ciò che posso essere io per me, non solo non ne potete saper nulla voi, ma neppure io stesso”. (L. Pirandello – “Uno, Nessuno e Centomila”)
Infatti l’uomo cerca disperatamente di capire chi è, senza riuscirci; analogamente chi ci circonda crede di conoscerci, ma conosce solo quella parte di noi che appare ai suoi occhi e viene interpretata dal suo “mondo di cose”.
Ognuno di noi può essere “Uno, Nessuno e Centomila”: io credo di essere uno, in realtà non sono nessuno, perché nessuno mi conosce realmente, appaio però come centomila, perché assumo un atteggiamento, una maschera diversa a seconda delle persone che ho davanti.
Scoprire totalmente la propria identità è dunque impresa impossibile all’uomo, che deve accontentarsi di ciò che affermò Cartesio: “Cogito ergo sum” . E non è poco.

lunedì 18 febbraio 2013

"ANTIGONE" - SOFOCLE

L’ “Antigone” è una tragedia di Sofocle, rappresentata per la prima volta ad Atene, nel 442 a.C., durante le Dionisie.
Questa tragedia fa parte del ciclo di drammi tebani ispirati ad Edipo, re di Tebe, e dei suoi figli.
L’opera racconta la storia di Antigone. Ella decide di dare sepoltura al fratello Polinice contro la volontà del nuovo re di Tebe: Creonte.
Antigone, dopo aver consultato la sorella Ismene, pur sapendo che questa non l’avrebbe aiutata, decide di infrangere la legge. Purtroppo viene scoperta e condannata a vivere imprigionata in una grotta. 
In seguito, grazie ad una serie di eventi tra cui le profezie dell’indovino Tiresia, Creonte decide di liberare Antigone.
La decisione, però, giunge troppo tardi, in quanto Antigone si è uccisa.
La morte della donna provoca quella del promesso sposo, figlio di Creonte, Emone.
La morte di Emone provoca quella della madre, Euridice.
Creonte si ritrova quindi privo degli affetti familiari, a causa di una decisione errata e di una “controdecisione” presa con troppa calma.
All’interno di questa tragedia Sofocle ha dunque dato vita alle due idee contrastanti di legge. Una prende forma in Antigone e l’altra in Creonte.
Antigone rappresenta, infatti, la legge divina e la sua importanza; Creonte, al contrario, la legge umana.
Il punto forza del ragionamento di Antigone è che la legge umana non può non rispettare quella divina. Spinta da ciò compirà l’atto d’amore verso il fratello e di fiducia verso gli dei.
La ribellione di Antigone non riguarda, però, solo l’ambito delle leggi, bensì anche il rispetto delle convenzioni sociali che vedevano la donna costantemente sottomessa e rispettosa della volontà dell’uomo.
Ancora oggi, dunque, il personaggio di Antigone è considerato uno dei più densi di significati ed esempio di complessità e ricchezza drammaturgica.  

domenica 17 febbraio 2013

"UNO NESSUNO E CENTOMILA" - L. PIRANDELLO

“Uno nessuno e centomila” è uno dei più celebri romanzi di Luigi Pirandello.
Uscì per la prima volta nel 1926 come romanzo a puntate e successivamente come volume.
Il protagonista è Vitangelo Moscarda, un uomo ordinario che, avendo ereditato la banca del padre, vive di rendita.
La monotona vita dell’uomo cambia, però, quando, dopo che la moglie gli ha fatto notare che il suo naso pende leggermente, comincia a capire che tutte le persone che lo conoscono hanno un’immagine della sua persona completamente diversa dalla sua.
Vitangelo decide, dunque, di cambiare vita e, in seguito ad una forte crisi di identità, cerca di capire chi lui sia veramente.
Tutta una lunga serie di gesti e prove che il protagonista compie (e che non bisogna svelare, per non togliere la curiosità al lettore) lo portano alla follia. Egli finirà, dunque, a vivere in un ospizio, all’interno del quale, però, si sentirà finalmente libero e comincerà ad osservare il mondo con altri occhi.
La follia, infatti, se ci si pensa bene, rende l’uomo libero, libero di fare e di dire tutto ciò che vuole, essendo da questa giustificato.
Il libro racchiude l’intuizione geniale di Pirandello, ovvero la consapevolezza che l’uomo non è uno come crede, bensì centomila, perché indossa centomila maschere diverse con cui viene visto dalle persone che lo circondano. In realtà, quindi, l’uomo non possiede una propria identità, risultando nessuno.
La conclusione di Vitangelo Moscarda è, dunque, la più sensata, tenendo presente l’affermazione precedente: vivete la vita attimo per attimo, rinascendo completamente in modo diverso.